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In Sicilia aumenta solo la povertà

In Sicilia aumenta solo la povertà. Gli indicatori di ricchezza sono, purtroppo, in caduta libera. Tutti i comparti produttivi hanno segnato il passo. In particolare per l'industria il 2009 è stato davvero un anno da dimenticare. È quanto emerge dal report della Banca d'Italia sull'economia dell'isola. I dati illustrati dal direttore Giuseppe Sopranzetti sono sempre preceduti dal segno negativo. L'occupazione delle imprese contattate si è ridotta dell'1,9 per cento, il fatturato è diminuito in media del 3,4 per cento. La dinamica degli investimenti è risultata ancora in calo (-6,1 per cento), seppure con intensita' inferiore a quella dell'anno precedente (-8,5%). Le esportazione sono cadute del 37%.  Contemporaneamente la spesa pubblica pro-capite continua a crescere essendo arrivata a 4.098 euro contro una media nazionale di 3.423. L'insieme di questi numeri offre una lettura unitaria. Secca e sconfortante. Il modello di sviluppo finora adottato dalla Sicilia non ha portato risultati positivi. Tutt'altro. È stata semplicemente disastrosa. La spesa pubblica è cresciuta in misura esponenziale ponendosi ben al di sopra della media nazionale. Contemporaneamente l'economia è caduta. Non ha funzionato nemmeno il più classico degli insegnamenti dell'economia moderna: l'aumento della spesa pubblica sviluppa la produzione. I cittadini avendo più soldi in tasca per effetto dei trasferimenti dello Stato (stipendi, sussidi, pensioni) alimentano la domanda. In Sicilia nemmeno questa legge elementare ha funzionato. La ragione? la sostanziale inefficienza del sistema che non ha permesso la crescita industriale. Un quadro disarmante che chiama in causa la classe politica e la sua incapacità di affrontare i problemi. Anzichè varare seri piani di sviluppo che avrebbero creato occupazione ha preferito disperdere enormi risorse in mille micro iniziative di natura solamente clientelare. L'enorme finanziamento del precariato resta l'esempio più clamoroso. Ora che i soldi sono finiti si sentono le grida d'allarme.  In realtà a questo punto si impone un radicale passo indietro. Non basta più il bisturi. Serve l'accetta. Tanto le amministrazioni centrali quanto quelle periferiche, come Regione e Comuni, non sono state capaci di affrontare i problemi veri della Sicilia. Allora devono fare un passo indietro (ma anche due o tre). Devono abbandonare gli spazi impropri che hanno occupato. Devono dare spazio all'iniziativa privata. Solo principi di comportamento come trasparenza, concorrenza, competitività possono dare all'isola una speranza di futuro. Altrimenti non resterà che la lenta deriva verso il fondo del Mediterraneo. E stavolta, con il federalismo che avanza, non ci saranno ciambelle di salvataggio in arrivo da Roma.

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