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Rivolta "bipartisan" contro la manovra di Tremonti

È un coro. Un coro all’unisono con pochi distinguo quello della reazione dei politici e dei loro dintorni al pur delicatissimo taglio dei costi della casta. Immemori del fatto che il bicamerale parlamento italiano sia il più costoso del mondo, taluni frequentano i talk show televisivi per seriosamente sostenere che la riduzione delle loro prebende è un attentato alla democrazia. Al pari dei magistrati i quali, altrettanto immemori del fatto che il servizio della giustizia è, anche per colpa loro, tra i peggiori del mondo, parlano (ma perché?) di attentato all’autonomia della magistratura.
La manovra tremontiana ha un’indubbia virtù: quella di fare emergere la parte peggiore dell’Italia di oggi che è del tutto «bipartisan» e disvela quanto sia debole il senso di responsabilità di talune grandi istituzioni, compresa la magistratura, quando le si tocchi, anzi le si titilli nella «pancia». È vero. Si può far finta di ridurre il costo della politica togliendo il 10% alla metà dello stipendio dei parlamentari ma non si può far finta di ignorare, se non in manifesta malafede, che ogni costo politico genera un costo amministrativo «a cascata» tra seggio dipendenti, borsisti e consulenti almeno dieci volte superiore. Nè si può nascondere la proliferazione degli enti locali dei quali le province non sono che una parte rispetto alle centinaia di comunelli che governano, più che dei territori, dei condomini e creano, al pari dei grandi comuni, altri sub enti e società in cui vengono scaricati i politici trombati che finiscono nella serie cadetta. Questa intermediazione esorbitante della politica è la parte più coriacea della spesa pubblica improduttiva. Detiene, insieme all’evasione fiscale, quel triste primato che soffoca il paese e lo fa diverso e di gran punga peggiore rispetto alle migliori democrazie dell’Occidente.
Come negare che gran parte di questa classe politica non dà nulla in cambio ai cittadini perché è il frutto di una selezione in negativo dalla quale fuoriescono coloro che non potrebbero fare altro mestiere nella vita? Stupisce che i capoccia della rivolta antitremontiana siano proprio i presidenti delle Regioni con l’eccezione encomiabile di quelli leghisti che sembrano invece aver ben compreso la situazione nella quale si trova il Paese.
Tremonti ha spiegato il senso politico della sua manovra ma ha taciuto su un fatto che è, invece, arcinoto negli ambienti finanziari. Dopo la Grecia e qualche minaccia alla Spagna, il reale bersaglio della speculazione sarebbe stata l’Italia. Un evento sul quale presumibilmente è caduto un velo per non spaventare ulteriormente i risparmiatori. Ma è assai arduo sostenere che i presidenti delle regioni non ne fossero a conoscenza e non fossero consapevoli del fatto che i tagli alla spesa pubblica avrebbero necessariamente colpito anche quanto di loro competenza. Sostengono ora impunemente che dovranno aumentare le tasse per garantire i servizi ai cittadini e nessuno di loro (salvo, ripeto, quelli leghisti) ha minimamente accennato al fatto che è doveroso rivedere i bilanci, ridefinire le priorità e tagliare tutto quanto è possibile a cominciare da quella miriade di strutture inutili, enti e società di promozione del nulla, proliferate al cubo per sistemare manutengoli, finanziarie inutili e costosissime missioni all’estero e fare troppo spesso, impicci poco commendevoli.
I cittadini stiano sull’avviso e invece di genuflettersi come da troppo tempo accade davanti ai soprusi, facciano capire che non accetteranno alcun aumento della pressione fiscale. Chiedano conto a quelli che hanno eletto poche settimane orsono del perché i tagli ai costi della politica in malafede promessi ancor prima della manovra tremontiana, siano oggi così contestati o al più dimenticati. Quel che è certo è che lo spettacolo che questa dirigenza politica dà al Paese, nella grande maggioranza dei suoi esponenti, è più comico che vergognoso.
Tremonti certamente aveva previsto tutto questo quando ha sostenuto che la sua manovra rappresentava una svolta storica rispetto al passato. C’è da credere che, facendo mostra del sorriso beffardo di cui è abilmente capace, abbia riflettuto sul fatto di avere finalmente scoperto la miracolosa chiave della concordia in un Paese troppo incline al conflitto. L’indecoroso accordo «bipartisan» di quasi tutti i politici, compresi quelli che si accoltellerebbero uscendo dai talk shaw ai quali vengono noiosamente invitati, su un unico grido: non azzardatevi a toglierci nulla, non servirebbe a niente e, per carità abbiamo già dato qualche eroico esempio rinunciando magari al barbiere gratuito. Per carità non costringeteci a contrarre mutui per i numerosi appartamenti acquistati con i sudati risparmi e magari con qualche aiutino, dei quali d’ora in poi non intendiamo darvi alcun conto.
La prospettiva che abbiamo di fronte è sempre più rischiosa. Se la manovra perderà i suoi pezzi più importanti lungo la strada quale sarà la reazione dei mercati? Se i risparmi degli italiani perderanno il loro valore per colpa di questa manomorta che soffoca il paese, con chi dovremo prendercela?

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