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Aiace tra regole e ragioni della vita

Nessun'altra rappresentazione classica racchiude e rivela la stessa ragion d'essere della tragedia greca come questa

SIRACUSA. Più di altre rappresentazioni classiche, “Aiace” racchiude e  rivela la stessa ragion d’essere della tragedia greca: evocare emozioni tanto forti nello spettatore da imporgli una netta scelta di campo su valori, regole, ragioni di vita e principi di convivenza civile. Difficile trasmettere alla platea tanta potenza di intenzioni, le stesse che animarono Sofocle: di sera in sera, però, questa impresa riesce al regista Daniele Salvo e al suo cast di artisti, in scena fino al 20 giugno nell’incanto del teatro antico di Siracusa. Scommessa centrata, innanzitutto perché gli interpreti lasciano “parlare” il testo senza forzature o improbabili riletture, osservando un rispetto filologico che troppo spesso in passato ha fatto difetto nei cicli classici aretusei e che ora è regola d’oro nel nuovo corso dell’Inda, l’Istituto nazionale del Dramma antico, promotore della rassegna.
Memorabile anche grazie alla scenografia di Jordi Garcès che domina e  sintetizza in  modo essenziale e suggestivo i quattro elementi naturali – acqua, terra, aria e fuoco – l’“Aiace” aretuseo esalta e commuove per le interpretazioni ispirate di Elisabetta Pozzi e Maurizio Donadoni, Ilaria Genatiempo, Giacinto Palmarini e Antonio Zanoletti ma soprattutto convince per la ritrovata centralità del coro, i cui movimenti in azioni e parole sono cuore pulsante della rappresentazione. Sofocle, dunque, rivive al teatro greco di Siracusa e ancora una volta ispira i tantissimi – molti gli studenti – che affollano la platea, inducendo a riflettere sulla sconfitta dei vincitori. Aiace così come Agamennone e Menelao erano condottieri della trionfale spedizione greca a Troia, eppure si rivelano perdenti perché l’uno – il “leone” – confida nella forza fisica e gli altri – “le volpi” – nella forza del potere per il potere, a tal punto da muoversi entrambi sul ciglio di un burrone chiamato “hubris”, la tracotanza che è in odio agli dei. Il protagonista va oltre e muore suicida. I due re atridi, invece, si fermano prima. Li salva la saggezza di Odisseo,  “volpe e leone insieme – ha scritto Luciano Canfora in Prometeus, la bella rivista on line dell’Inda – archetipo di questa lunghissima linea realistica del pensiero greco … personaggio positivo di questa tragedia”.  

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