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Finale spettacolo tra scudetto e Champions

Parliamo di spettacolo. Anche il più stupido dei film, anche la pièce teatrale più squallida hanno comunque bisogno di un produttore e di un regista. Il calcio invece fa da sè. Rifiutando i soccorsi degli amanti del cosiddetto calciospettacolo, figlio malnato del mostruoso e insopportabile calciobusiness. Recuperando in pieno le risorse tecniche e psicologiche che ne fanno l'intrattenimento più affascinante del mondo. Stracciando le ricette degli intellettuali prestati al calcio quando c'è da moraleggiare sulla spregiudicatezza della Lazio-salva-Inter e sulle bravate del Totti senza autocontrollo. Affidandosi infine alla sua natura, all’innata bellezza delle sue trame, alla forza del destino, il campionato italiano - che del gioco del pallone è la più alta rappresentazione emotiva e tattica, talvolta anche tecnica, del mondo - rimanda agli ultimi novanta minuti la soluzione del giallo-scudetto e dell'enigma-Champions. Si era già verso la fine delle partite più attese (Inter-Chievo, Roma-Cagliari e Palermo-Sampdoria) e i giochi sembravano fatti per Inter e Samp. Poi il Totti pentito ha detto «no», e ha rovesciato il risultato dell'Olimpico; mentre Miccoli aveva già pensato a donare un filo di speranza al suo Palermo. Tutto bello - dunque - tutto da rifare.  Con un gran finale che chiamerei «il Palio di Siena», ovvero con una partita felicemente avvelenata che potrebbe decidere il destino dell'Inter, del Grande Slam, dello stesso Mourinho, colpevole - a mio avviso - di aver trattato gli orgogliosi e ricchi toscani da barboni bisognosi di una generosa mancia romanista per mettercela tutta nell'ultima partita. Mezzaroma gli farà rimangiare l'insulto: è ricco di suo (sicuramente più degli attuali padroni della Roma), è tifoso giallorosso, vuol dare anche un piccolo ruolo da protagonista al Siena appena sottratto al potere del Monte dei Paschi e cercherà di cogliere il frutto dei suoi desideri scatenando contro l'Inter la furia di Malesani che già a San Siro fece soffrire Mourinho rifilandogli tre gol e costringendolo a una clamorosa rimonta fortunosamente conclusa dal 4-3 di Samuel. L'Inter è spesso grandiosa ma non è invulnerabile, lo si è visto non solo ieri col Chievo; la Roma ha ripreso il suo andar gagliardo che ha impreziosito il torneo: regaliamo gli ultimi novanta fantastici minuti agli scettici. E al nostro abituale ottimismo che vorremmo veder presto trasformato in entusiasmo. Giusto perchè non è più tempo di delirio. Poi c'è la piega amara rappresentata dal crollo degli aristocratici che solo per fortuna non cadono sotto i colpi della ghigliottina: il Milan depresso per vecchiaia e stanchezza, la Juve mazzìata e umiliata dal Parma davanti ai nuovi padroni, agli amici amareggiati, ai nemici incoscati e ai soliti quattro cialtroni che possono arbitrariamente deciderne il destino sul campo attizzando fuochi e sparando bombe d'idiozia. Anche le esibizioni degli sciagurati vengono recepite, divorate ed espulse come escrementi da un torneo di sana e robusta costituzione. È, questo, anche il campionato che può permettersi di prestare Carlo Ancelotti al Chelsea per decretarne la rinascita nell'attesa - non speranzosa - che anche Capello faccia la sua parte con i Leoni d'Inghilterra. Non piace a Mourinho, questo calcio? Ebbene, gli auguriamo di vincer tutto con l'Inter, di fare il suo Grande Slam, eppoi se vuole andarsene ce ne faremo una ragione. L'Italia del pallone fa da sè.

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