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Catania, racket "caro estinto": meno 15 milioni ai D'Emanuele

La famiglia è legata da vincoli di parentela al boss ergastolano Benedetto Santapaola. Lo scorso 29 aprile la scoperta del monopolio di Cosa nostra dei servizi funebri

CATANIA. Beni per un valore complessivo stimato in 15 milioni di euro sono stati sequestrati dalla Direzione investigativa antimafia di Catania ai vertici della "famiglia" D'Emanuele, legata da vincoli di parentela con il boss ergastolano Benedetto Santapaola. Il provvedimento fa seguito all'operazione "Cherubino" con cui la Procura della Repubblica etnea, il 29 aprile scorso, ritiene di avere inferto un duro colpo al presunto monopolio di Cosa nostra a Catania nel settore dei servizi delle onoranze funebri, grazie alla complicità di custodi dell'obitorio di infermieri ausiliari di un ospedale della città. I beni sequestrati dalla Dia sono riconducibili, secondo quanto emerso dalle indagini, a Natale D'Emanuele, ritenuto il capo del gruppo “Castello Ursino” del clan Santapaola, e ai suoi figli Andrea e Antonino, anche loro coinvolti nell'inchiesta Cherubino.
Secondo l'accusa, il boss Natale D'Emanuele, cugino di Santapaola, avrebbe riciclato, servendosi di prestanome, i proventi dell'attività illecita derivante dalla gestione del mercato del "caro estinto", il cui "giro" d'affari sarebbe stato in costante crescita. Dalla Dia fanno sapere, inoltre, che la famiglia D'Emanuele avrebbe investito ingenti capitali in attività operanti non solo nel settore dei servizi funebri, ma anche in quello dell'abbigliamento, delle scommesse, del  settore ittico e immobiliare, in quello della fotografia, nonché nella ristrutturazione di un prestigioso stabilimento balneare, intestando le attività a dei prestanome.
Il provvedimento di sequestro cautelare di beni disposto dal Gip riguarda, nel dettaglio: tre società di onoranze funebri e 8 unità locali; un immobile; un prestigioso stabilimento balneare; due società immobiliari; un'impresa operante nel settore ittico; un negozio di abbigliamento; un punto scommesse; un'impresa operante nel settore fotografico; diversi automezzi; e rapporti finanziari.
Le indagini della Dia sono state coordinate dal procuratore capo di Catania, Vincenzo D'Agata, e dai sostituti Giuseppe Gennaro, Agata Santonocito e Iole Boscarino.

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