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Primo maggio triste per gli operai siciliani cassaintegrati

In diverse fabbriche dell'Isola decine di lavoratori davanti alle aziende chiuse. "Per noi è una giornata triste" dicono

PALERMO. Festa del primo maggio amara per centinaia di lavoratori siciliani costretti alla cassa integrazione o alla mobilità in una regione che è al primo posto per il tasso di disoccupazione (13,9%), che diventa un dato drammatico se si guarda a quella giovanile che arriva al 38,5%. A Portella della Ginestra dove l'1 maggio 1947, mentre festeggiavano la giornata dei lavoratori, vennero massacrati dalla banda di Salvatore Giuliano contadini e bambini, si è svolta la consueta commemorazione con bandiere di sindacati, musica, famiglie allegre e, per la prima volta, con la partecipazione dell'associazione nazionale partigiani. In diverse fabbriche e aziende siciliane invece il primo maggio è stato triste con i lavoratori davanti le aziende chiuse come alla Sat di Aci Sant'Antonio (Catania) dove oltre 150 persone sono in cassa integrazione e non vedono la luce in fondo al tunnel dopo la chiusura dell'azienda che produceva supporti metallici anche per microchip. "E' una giornata triste - dice un lavoratore -. L'azienda chiude e io che faccio? Dove trovo un impiego a 47 anni?". I dipendenti hanno anche creato un profilo su facebook per supportare la loro lotta e lunedì il sindaco Giuseppe Cutuli ha convocato una riunione in comune cui sono invitati i sindacati e la Regione per cercare di trovare soluzioni. Preoccupazione anche a Termini Imerese (Pa) dove il 3 maggio gli operai della Fiat dovrebbero tornare a lavorare dopo la Cig ma con un futuro tutt'altro che roseo vista la conferma della chiusura della fabbrica data dall'Ad Marchionne, e l'annuncio di una nuova cassa integrazione a partire dal 20 maggio prossimo. "Ma è certo - dice la segretaria regionale Fiom Giovanna Marano, che oggi è andata a trovare i lavoratori della Sat - che non staremo con le mani in mano a guardare la fabbrica che chiude". All'Italtel di Carini (Palermo), con 60 operai in Cig su circa 200, le famiglie dei lavoratori hanno festeggiato davanti al gazebo montato per presidiare la fabbrica. E scontenti, oggi, erano anche i tanti commessi dei negozi palermitani i cui proprietari per arginare il calo delle entrate hanno deciso di aprire le saracinesche. Nessuno parla ma si capisce che l'apertura del primo maggio non è andata loro a genio. E da contrappunto ai negozi, soprattutto i grandi magazzini, aperti fanno le vetrine sparse in tutta la città con la scritta "affittasi" o "chiuso", segno di una crisi che non accenna a terminare.

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