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Palermo, nuovo colpo alla mafia: arrestati tre presunti boss

In manette finiscono Andrea Quatrosi, 52 anni, ritenuto il capo mandamento di Resuttana, Carlo Giannusa, 41 anni, e Mario Napoli, 45 anni. Determinante l'aiuto del collaboratore di giustizia Manuel Pasta

PALERMO. Il clan dei boss palermitani, sfaldato da catture e pentimenti, subisce un altro colpo. Ancora una volta a parlare e a far scattare nuovi arresti è un uomo dei Lo Piccolo. La gola profonda stavolta si chiama Manuel Pasta, 34 anni, arrestato lo scorso dicembre. In manette finiscono tre presunti boss: Andrea Quatrosi, 52 anni, ritenuto il capo mandamento di Resuttana, Carlo Giannusa, 41 anni, e Mario Napoli, 45 anni, detto Big Jim. Il provvedimento di fermo é stato emesso dai magistrati della Dda di Palermo Antonio Ingroia, Lia Sava, Marcello Viola, Annamaria Picozzi, Francesco Del Bene e Gaetano Paci, che hanno dovuto accelerare i tempi per sventare due omicidi che Quatrosi e suoi uomini stavano progettando: quello di Michele Pillitteri, un commerciante che faceva estorsioni senza l'autorizzazione della mafia, e quello di Gioacchino Intravaglia, di cui il collaboratore fa il nome senza spiegare, però, il movente dell'agguato mai commesso.  Affiliato ritualmente solo di recente, Quatrosi, per anni, si sarebbe occupato della latitanza dei Lo Piccolo. Per conto dei padrini di San Lorenzo, mandamento confinante con quello di Resuttana, nascondeva le armi: kalashnikov, mitragliette, fucili a pompa. La cerimonia in cui è diventato formalmente un uomo d'onore sarebbe stata "officiata" da Giuseppe Liga, l'insospettabile architetto che secondo gli investigatori sarebbe succeduto a Lo Piccolo alla guida di San Lorenzo. Tutti particolari raccontati da Pasta che negli ultimi mesi ha tracciato il quadro dei nuovi organigrammi di Cosa nostra.  Si apre così un altro buco nel muro di omertà e da lì si vede il "salotto buono" di Palermo, pieno di negozi alla moda, cedere alla morsa del racket. A svelarne i contorni è proprio Pasta, braccio destro del capo mandamento di Resuttana. Era Quatrosi, secondo il collaboratore di giustizia, a tenere il libro mastro della cosca in cui le vittime erano indicate con soprannomi, accanto c'era la somma riscossa. Pagavano tutti, chi mensilmente chi in due "comode" rate annuali. Tra i commercianti taglieggiati pescherie, bar, ma anche noti negozi di via Libertà come "Pollini" che versava 500 euro al mese. Nel mirino della mafia anche il titolare della rivendita Timberland, che ha altri due negozi di abbigliamento nel centro di Palermo, che pagava 7.000 euro l'anno in due tranches. Per confondere gli investigatori, inoltre, le tradizionali "maxirate" richieste a Pasqua e Natale venivano riscosse, negli ultimi tempi, a maggio e settembre.    La vera novità è però l'intermediazione degli altri commercianti tra la vittima e i clan. "Pagano tramite Diego o Cesare Ciulla - racconta Pasta - titolari del negozio Hessian". E in alcuni casi, come quello di Pillitteri, il commerciante decideva anche di mettersi in proprio e di chiedere il pizzo senza il benestare dei mafiosi. Nei racconti di Pasta finisce anche la politica e ritorna la storia già sentita del presunto sostegno elettorale dato dal clan all'eurodeputato dell'Udc Antonello Antinoro, indagato per voto di scambio. Il parlamentare non sarebbe l'unico esponente politico a essere coinvolto, ma queste indiscrezioni non sono state tuttavia confermate dai magistrati.  

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