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Ufficiale Ros: "Mori non aiutò Ultimo su Provenzano"

Giraudo, ex del Ros e amico di De Caprio meglio conosciuto come il capitano "Ultimo", è stato sentito come testimone nelle indagini sulla trattativa fra Stato e mafia, nel periodo delle stragi del 1992

PALERMO. Il buon rapporto tra il generale Mario Mori, comandante del Ros, e l'allora maggiore Sergio De Caprio, l'uomo che nel 1993 catturò Totò Riina, si sarebbe incrinato quando De Caprio chiese di rafforzare con una trentina di uomini il nucleo che dava la caccia al superlatitante Bernardo Provenzano. Secondo quanto ha raccontato al pm della Dda di Palermo Antonio Ingroia il tenente colonnello dei carabinieri Massimo Giraudo, a questa proposta Mori "oppose un netto rifiuto".  Giraudo, ex del Ros e amico di De Caprio meglio conosciuto come il capitano "Ultimo", è stato sentito come testimone nelle indagini sulla trattativa fra Stato e mafia, nel periodo delle stragi del 1992. Il verbale di Giraudo è stato depositato agli atti del processo in cui Mori, con il colonnello Mauro Obinu, risponde di favoreggiamento aggravato dall'agevolazione di Cosa Nostra, per il fallito blitz il 31 ottobre del 1995 a Mezzojuso (Palermo) in cui sarebbe sfuggita la cattura di Provenzano.  "I rapporti tra Mori e il maggiore sono stati in genere molto buoni - ha raccontato Giraudo - De Caprio faceva parte della ristretta cerchia dei 'fedelissimi' di Mori". Dopo il rifiuto di Mori, raccontato da De Caprio a Giraudo, Ultimo "non sopportava più il superiore, dando evidenti segni di disprezzo che manifestava, parlando con me, esprimendosi con parole ed epiteti durissimi. Secondo De Caprio, è proprio per questa ragione che Mori non lo portò con sé ai Servizi quando venne nominato direttore del Sisde". Una frattura poi ricomposta, ha detto Giraudo, "da quando Mori non è più direttore del Sisde"

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