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Regionali, si parte da 11 a 2: è guerra tra poli

Fino ad ora la maggioranza dice centrosinistra, ma le cose lunedì potrebbero cambiare. In bilico Lazio, Piemonte e Liguria

ROMA. E' una guerra di numeri, ma al ribasso,  quella tra i poli sul numero delle Regioni che prevedono di conquistare: il centrodestra e il centrosinistra  tengono bassa la soglia sul numero delle regioni che essi considerano necessarie per poter proclamare la propria  vittoria il giorno dopo le urne, il che fa capire l'incertezza  che c'é nei partiti, anche se negli ultimi giorni il Pd mostra un ottimismo che ancora non si vede nella maggioranza. Delle 13 Regioni in cui si voterà domenica e lunedì, ben 11 sono governate dal centrosinistra e due dal centrodestra,   cioé Lombardia e Veneto. Nel voto del 2005 Berlusconi subì  una pesante sconfitta che aprì una fase critica della  coalizione, con l'Udc che cominciò a chiedere la "discontinuità" nella guida del centrodestra. Secondo i sondaggi effettuati quattro settimane fa, prima che scattasse il divieto della loro pubblicazione, il centrodestra sarebbe in netto vantaggio in quattro Regioni: Lombardia, Veneto, Campania e Calabria. Ma Berlusconi preferisce tenere l'asticella ancora più bassa sostenendo che ogni Regione  strappata al centrosinistra rappresenta una vittoria. Anche  Ignazio La Russa ha affermato che un risultato di 11 a 3 per il  centrosinistra sarebbe "una vittoria di Pirro".  Sempre per i sondaggi di un mese fa, il centrosinistra era  avanti abbondantemente in Emilia, Toscana, Marche, Umbria,  Basilicata e Puglia, vale a dire sei Regioni. E Pier Luigi  Bersani, nei giorni scorsi ha detto che si sentirebbe vittorioso se la sua coalizione si imponesse in sette regioni, una in più  del centrodestra e una in più di quelle già sicure.   

In bilico sono considerate Liguria, Lazio e  Piemonte. Non è un caso che Bersani abbia dedicato a queste Regioni i suoi ultimi giorni di campagna elettorale.  Anche Berlusconi si è speso per sostenere Roberto Cota in Piemonte. Per la verità Bersani pur ammettendo che in Piemonte e Lazio "siamo sul filo di lana", si è dichiarato "ottimista" sull'esito. "Non dico che abbiamo già vinto - ha affermato - ma che vinciamo". Insomma dal risultato in queste tre regioni dipenderà  l'affermazione dei due schieramenti. Berlusconi ha però introdotto un'altra variante: si  considera vincitore, ha spiegato, se alla fine la maggioranza  degli italiani sarà amministrata dal centrodestra, che negli  scorsi anni si è già imposto in Friuli, Sicilia, Sardegna e Abruzzo. Con la Lombardia che conta 9 milioni di abitanti, e la Campania che ne sfiora 6, a Berlusconi basterebbe aggiudicarsi due altre regioni popolose, tra le quali si può annoverare il Veneto. Quanto a Bersani, ha spiazzato i suoi interlocutori che gli chiedevano quante regioni giudicava sufficienti per cantare  vittoria: "Il giorno dopo le elezioni - ha detto - non  domandatemi 'come sono andate le elezioni'; siete professionisti dell'informazione, me lo direte voi chi ha vinto e chi a perso". Una affermazione che viene interpretata come nel partito come segno di ottimismo.

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