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Genoa-Palermo finita come nei film di 007

Un secondo, una goccia nell’oceano. È finita come nei film di 007, in cui Sean Connery disinnesca all’ultimo attimo la bomba atomica che sta per scoppiare o il missile nucleare che sta per distruggere una città. Soltanto che in Genoa-Palermo non c’erano la Spectre o Goldfinger, nè buoni e cattivi. Non c’era uno sceneggiatore, più o meno prevedibile, che è pagato per mantenere alta la tensione. Il sogno di vittoria era un palloncino bucato dall’ago di una lancetta di un orologio.
È vero che il Sistema Internazionale ha adottato il secondo come la durata di 9 miliardi 192 milioni 631.770 periodi di una radiazione dell'atomo di cesio-133. Ma, poichè il nostro tempo non è quello delle particelle subatomiche, eravamo lì, ervamo in tanti, a guardare sulla tv l’orologio che correva lentamente verso il doppio zero (dopo il minuto 51). Quando ciò è accaduto, Criscito si stava presentando solo davanti al portiere Sirigu.
Qui si entra nell’indefinibile. Perchè è vero che «partita finisce quando arbitro fischia» come diceva Vujadin Boskov ma è pur vero che l’incontro chiude quando il recupero è esaurito. Ora, secondo Sky-tv, Balzaretti sarebbe rimasto a terra per due minuti e 7 secondi e quindi la partita doveva finire a 51’07’’. Ma qui bisognerebbe sapere se l’arbitro aveva annunciato altri 2 minuti di recupero oppure ha fermato il cronometro mentre il giocatore rosanero era a terra. Il rigore è stato fischiato verso i 51’04’’. E poi, ad esser giusti, questi calcoli andrebbero applicati a tutte le pause importanti della partita.
Il nodo è di etica calcistica: è giusto fischiare la fine della partita mentre un giocatore sta per segnare un gol? Questo problema è simile a quello della palla da buttar fuori quando c’è un avversario a terra. Il regolamento dice di continuare ma i giocatori pensano e, quasi sempre, fanno il contrario. È questo il calcio, una miscela di irrazionale e di regole, di consuetudini e di invenzioni sul momento, che lascia il massimo di discrezionalità all’arbitro, fino al punto di rifiutare ogni aiuto dalle tecnologie. Così niente moviole o linee di porta elettroniche; niente durata perfetta, che poi sarebbe quello che si usa nel basket: ogni volta che la palla va fuori il cronometro viene fermato. È altro il calcio, dove anche la manfrina, la perdita di tempo, fa parte del mestiere di calciatore. La fine della partita è una decisione arbitrale ma anche... arbitraria.
Il Palermo aveva strameritato la vittoria. Il nostro cartellino (5 punti a gol, da 0 a 3 a ogni tiro secondo pericolosità) dà un finale di 20-14 (8-4 primo tempo) per i rosanero. Una squadra tanta sciupona in contropiede quanto sfortunata nel finale. Ma niente drammi. Su 38 partite spesso fortuna e malasuerte si livellano. Il futuro resta nei piedi dei giocatori.

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