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Liga e il controllo del pizzo

Nel corso delle indagini emersi anche i suoi contatti con alcuni esponenti politici. L'architetto era stato anche reggente del Movimento cristiano lavoratori

PALERMO. Impegnato nella politica e nel sociale, cittadino modello, architetto stimato da tutti, personalità brillante. In altre parole: insospettabile, mimetizzato nella società come un perfetto camaleonte. Giuseppe Liga, 59 anni, è tutto questo. Ma non solo. Secondo gli inquirenti è lui il successore dei boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo nella gestione delle estorsioni sul territorio di Tommaso Natale, nella periferia di Palermo,  regno sempre in bilico tra santi e falsi dei. Liga è tra le quattro persone arrestate con l’accusa di mafia, la scorsa notte dalla Guardia di finanza a Palermo. Un altro colpo a Cosa Nostra, l’ennesimo. Con lui sono stati arrestati due imprenditori, Amedeo Sorvillo, 57 anni, e Agostino Carollo, 45 anni, e Giovanni Angelo Mannino, 57 anni, cognato di Salvatore Inzerillo, capomafia dell'Uditore assassinato nel maggio del 1980. I due imprenditori, secondo l'accusa, avrebbero agito come prestanome di Liga nella società "Eu.te.co (Euro tecnica costruzioni)" con sede a Capaci, nei pressi di Palermo, e che è stata sequestrata. “Ci sono ancora tanti punti da scoprire, da spiegare nell’attività di Liga”, dicono gli inquirenti nella conferenza stampa, nella sale del tribunale in Procura Generale. Non solo nell’attività dell’architetto, ma anche degli altri arrestati. La parentela di Giovanni Angelo Mannino, con il boss Totuccio Inzerillo, assassinato il 23 maggio del 1981 all'inizio della guerra di mafia che si concluse con l'egemonia dei corleonesi su Cosa Nostra. L'inserimento nel clan Lo Piccolo di Mannino, che di Inzerillo era cognato, per gli inquirenti potrebbe indicare che Salvatore Lo Piccolo non si opponeva al ritorno dei cosiddetti 'scappati', gli esponenti delle cosche perdenti, tra le quali quella degli Inzerillo, che per sfuggire ai killer si rifugiarono negli Usa.   
A iniziare a indicare Liga sarebbe stato il collaboratore di giustizia Maurizio Spataro, anche se il nome di Liga era già comparso nel corso dell’operazione “Perseo”, dei carabinieri, nel corso di un’intercettazione. “Chi c’è a Tommaso Natale?”, chiedeva il  boss di Bagheria, Pino Scaduto, ai suoi interlocutori Giovanni Adelfio, Antonino Spera e Sandro Capizzi. I nomi erano quello di Liga e quello di Lo Verde. L’architetto, secondo gli investigatori, aveva da tempo un ruolo nel clan Lo Piccolo ma la sua posizione, col passare degli anni, era divenuta di importanza crescente estendendosi al controllo del 'pizzo' e delle attività economiche della cosca. Nell'indagine sono emersi contatti di Liga con vari esponenti politici, ma la cosa non stupisce, visto che Liga era reggente regionale del Movimento cristiano lavoratori e uno dei suoi compiti era quello di intrattenere e allacciare relazioni con i politici di tutta la Sicilia, tra cui il presidente della Regione in persona. L'attività investigativa ha permesso di ricostruire anche le estorsioni gestite secondo l'accusa dagli indagati. Tra l'altro il 'pizzo' veniva imposto a una discoteca, a una concessionaria d'auto, a un bar. Un modo per confermare, insomma, che restano le estorsioni le attività "economiche" di punta di Cosa nostra.



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