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No alla logica del tutti contro tutti

Chi indaga chi? Il Consiglio superiore della magistratura indaga sugli ispettori (magistrati) inviati dal Guardasigilli ad indagare sull’ufficio del pubblico ministero che a sua volta indaga sul Presidente del consiglio. Gli italiani guardano a questo che sembra un masochistico gioco di cattiva società, ma sono sinceramente preoccupati perché sentono di assistere a un’implosione istituzionale. Pezzi di Stato si schierano (non è eccessivo dire che combattono) contro altri pezzi dello Stato, secondo la logica del tutto contro tutti che ormai avvelena la vita pubblica italiana. Il Csm contesta, a priori, che gli ispettori inviati da Roma possano chiedere alcunché ai magistrati che hanno fatto esplodere, in tempi di seria tensione politica ed elettorale, un’inchiesta fumosa e controversa. Per questioni di competenza spregiudicatamente ignorati, per una fuga di notizie clamorosamente constatata, per un uso improprio e sprezzante, dei diritti dei cittadini, con le cosiddette “intercettazioni a strascico”. E in questo andazzo, gli stessi magistrati del pubblico ministero soggetti a ispezione si rifiutano di fatto di parlare con gli ispettori. I farisei del diritto costituzionale sono prontissimi a riconoscere che il Ministro di Grazia e Giustizia ha il diritto e il potere di inviare ispettori, ma contrappongono a questa facoltà l’impenetrabilità e l’autonomia dell’inchiesta che costituisce l’oggetto dell’ispezione. Secondo questa tesi, dunque, nessuna ispezione sarebbe possibile, lasciandosi gli ispettori la sola possibilità di parlare col muro. Nella recente storia italiana ci sono, purtroppo, dei precedenti. Anni fa, i pubblici ministeri di Milano misero sotto inchiesta anche gli ispettori inviati a verificarne la correttezza. Certi precedenti pesano. Il moto circolare delle inchieste che si mordono la coda trova difensori negli estremisti dell’interpretazione giuridica che, per negare il principio fondamentale della democrazia secondo il quale nessun potere può sottrarsi al controllo della legge, invocano più volte al giorno la Costituzione, spiegando che la carta fondamentale giustificherebbe ogni colpo di mano. In realtà non è così. La Costituzione prevede l’equilibrio dei poteri, non la licenza di una frangia minoritaria della magistratura ad atteggiarsi, con azioni conseguenti, a suprema custode della moralità e del destino repubblicani. La Costituzione. Nel pieno rispetto della Carta fondativa, il governo, in piena intesa con il capo dello Stato, ha di recente varato un decreto interpretativo sulle norme che regolano la presentazione delle liste. Ma l’opposizione è insorta e la sua parte più tumultuante, quella capeggiata dal tribuno Di Pietro, ha accusato di golpismo il presidente Napolitano e ne ha perfino chiesto l’impeachment. S’intende, in nome della Costituzione, che così diventa parola consunta, abusata, vuota. Gli osservatori più cautelosi spiegano che la crisi istituzionale è alle porte, ma la cruda verità è che questa crisi è già esplosa e c’è una parte della classe politica la quale ritiene che l’eliminazione di Silvio Berlusconi, pur fortemente sostenuto dalla volontà popolare, possa valere il collasso del sistema, a dispetto degli elettori. In questa paradossale vicenda – che ha avuto prodromi e precedenti – conta anche la ricerca di “visibilità” di taluni uffici giudiziari. Trani salì al vertice delle cronache nei primi anni del secolo scorso, quando si celebrò il processo alla contessa Tarnowska che aveva assassinato il suo amante. L’inchiesta in corso chiude una stagione di silenzio, come se un Cavaliere potesse sostituire una nobildonna assassina.

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