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Elezioni francesi, il terremoto politico è di sinistra

Tutto sta ad accontentarsi. Succede ovunque dopo una sconfitta elettorale. Perciò nessuna meraviglia se il presidente Sarkozy, uscito male della regionali francesi di domenica, dice che niente cambierà nella sua condotta politica: ad elezioni locali, conseguenze locali. In realtà le cose sono differenti. Non soltanto il partito socialista, ridotto allo stremo da tutte le consultazioni passate (presidenziali, politiche, europee) si è rialzato con vigore ed oggi come oggi è il primo partito della Francia con circa 30 per cento dei voti.
Ma più di tutto l'astensione di un francese su due dovrebbe preoccupare seriamente chi governa. Rifiuto del partiti in gara? Disinteresse della politica in generale? Voglia di far sentire la delusione per Sarkozy senza votargli decisamente contro? Gli esperti di queste cose sono al lavoro per trovare risposte. A noi, osservatori distaccati, sembrano errate le conclusioni cui arrivano gli stretti sostenitori del Presidente. Cioè: con la metà degli elettori che non si sono scomodati a recarsi nei seggi non si può parlare di "referendum anti-Sarkozy". Gli ottimisti per forza affermano che in un contesto di crisi economica come quello che il mondo attraversa (e la Francia in misura molto seria) per essere elezioni a metà mandato presidenziale poteva andare peggio.I socialisti esultano. Parlano di resurrezione dalla polvere in cui Sarkozy li aveva gettati con il quasi-plebiscito del maggio 2007. La tenace Martine Aubry, che aveva preso in mano un partito da rottamare, lo ha riscattato alla grande. Unita ai Verdi e ai movimenti "gauchisti" minori la sinistra corre verso la maggioranza assoluta e mette sin d'ora un'opzione sull'Eliseo, che ritornerà in gioco nel 2012. Sino a un mese fa nessuno avrebbe immaginato un terremoto politico di queste dimensioni.
Sarkozy reagisce con calma apparente. Se anche al ballottaggio la bilancia dovesse pendere ancor più verso l'opposizione, il capo dello Stato vuol far sentire che nel suo animo non albergano né sconforto né voglia di cambiamenti radicali: la composizione del governo non verrà toccata, il lavoro per le "3 erre" (riforme, rilancio, raddrizzamento delle finanze pubbliche) mantenuto.
Il fatto è che la spinta ricevuta dal trionfo di tre anni fa sembra esaurita. Il partito sarkoziano (Ump) da solo non riesce a reggere gli urti. Per ricostruire una maggioranza presidenziale occorrono alleanze e la sola in vista sarebbe il Fronte Nazionale di Le Pen, uscito bene dalle urne con un inatteso 11,74 per cento. E l'affermazione dell'estrema destra, che Sarkozy era riuscito a ridurre a minimi storici, dimostra quanto la sua forza propulsiva sia in crisi. Solo un cartello elettorale con i seguaci di Le Pen potrebbe tamponare un rovescio anche più rilevante. Ma nessuno lo vuole. Anzi, lo slogan che il Presidente suggerisce è: chi vota fronte Nazionale vota socialista.
Un'alleanza la faranno certamente i socialisti con i Verdi, sia al ballottaggio che dopo. Sarkozy deve dunque recuperare i francesi che lo hanno abbandonato e smentire l`immagine di una paese deluso, indebolito e angosciato che quel 50 per cento di astensioni ha dato alla Francia. Compito difficile, forse impossibile.

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