Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

Golem 2, in cella fiancheggiatori di Messina Denaro

Decapitata la cosca trapanese: in cella vecchi e nuovi boss. Agenti dello Sco e delle Squadre Mobili di Trapani e Palermo hanno eseguito 19 fermi nei confronti dei vertici del mandamento di Castelvetrano

Palermo. Si stringe il cerchio attorno al superlatitante Matteo Messina Denaro, il boss trapanese ritenuto dagli inquirenti il nuovo capo della mafia siciliana. Agenti dello Sco e delle Squadre Mobili di Trapani e Palermo hanno eseguito 19 fermi nei confronti dei vertici del mandamento di Castelvetrano, paese d'origine del capomafia, ritenuti tra i principali favoreggiatori della latitanza del padrino.
Per i fermati le accuse sono di associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di società e valori, estorsione, danneggiamento e favoreggiamento personale aggravato. Nel corso del blitz, denominato Golem 2, sono state eseguite 40 perquisizioni nelle province di Trapani, Palermo, Torino, Como, Milano, Imperia, Lucca, Siena e Caltanissetta a carico di soggetti ritenuti vicini a Messina Denaro. Gli inquirenti, inoltre, si accingono a chiedere il sequestro di attività commerciali e imprese intestate a prestanome del boss.  
Dall'inchiesta è emerso che il capomafia si serviva di fiancheggiatori insospettabili, incaricati di gestirne la latitanza e di occuparsi degli affari della famiglia. Smantellato anche quello che viene definito dagli investigatori il "servizio postale" del boss, che impartiva i suoi ordini attraverso i famigerati "pizzini". Tra i fermati figura il fratello del capomafia, Salvatore Messina Denaro, e uno dei componenti della banda di Salvatore Giuliano, l'ottuagenario Antonino Marotta, definito il "decano" della mafia trapanese.
L'indagine ha evidenziato, inoltre, come Cosa nostra continua a utilizzare uomini d'onore storici che, scontata la pena e usciti dal carcere, tornano a dare il loro contributo all'organizzazione. È il caso di Filippo Sammartano, Antonino Bonafede e Piero Centonze.  
Le intercettazioni ambientali e telefoniche, su cui l'indagine poggia, hanno rivelato il penetrante controllo del territorio del gruppo criminale capeggiato del boss latitante; il ricorso sistematico alla violenza per la realizzazione degli obbiettivi e il ruolo fondamentale delle estorsioni – come quella subita dall'imprenditore Luigi Spallina a cui è stata chiesta una tangente di 100mila euro - nel sostentamento della 'famiglia' e nel sostegno ai familiari dei mafiosi in cella.
Apprezzamento per i risultati dell'operazione è stato espresso dal presidente del Senato, Renato Schifani, e dai ministro dell'Interno, Roberto Maroni, e della Giustizia, Angelino Alfano.

Caricamento commenti

Commenta la notizia