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Un sistema politico inadeguato

Del pasticcio delle liste non resterà nulla di memorabile – nemmeno l’esortazione alle armi conferisce drammaticità alla radicata tradizione dei compromessi all’italiana – ristagnerà però a lungo l’immagine di un sistema politico complessivamente inadeguato a rispondere alle esigenze profonde dei cittadini. Esce appannata la visione del Pdl, del centrodestra, per più di un motivo. Fra gli elettori moderati di questo schieramento qualcuno avrà anche rimpianto i praticoni degli apparati partitici primo repubblicani, i quali organizzavano veglie e presidi per conquistare le posizioni ritenute favorevoli nella scheda elettorale: il primo e l’ultimo posto. Anche allora succedevano imbrogli, risse, scontri e polemiche (le vestali che vengono dal Pci dovrebbero ricordare qualcosa ) ma talune leggerezze di dirigenti e funzionari del centrodestra sono apparse un’inaccettabile forma di sciatteria nei confronti del loro stesso popolo in due regioni, la Lombardia e il Lazio, che includono 15 milioni di cittadini. A sentire i politici criticati, gli uffici giudiziari preposti ai controlli sono stati fieramente formalisti con la destra e benignamente distratti con la sinistra, ma ciò non toglie che la prima impressione data dal Pdl a Milano e a Roma sia stata di dilettanti alle prese con un gioco più grande di loro. Questa valutazione coincide sul piano temporale con i sospetti e le accuse legati allo stesso schieramento dalle inchieste sugli appalti. Anche in questo caso, nulla di nuovo, ma il Pdl – formazione egemone della Seconda Repubblica - avrebbe dovuto garantire la separazione fra politica, economia ed affari nella cui commistione la Prima Repubblica aveva sciaguratamente prosperato prima del crollo. Le inchieste sono ancora in divenire, le intercettazioni puntualmente divulgate a mezzo stampa abbondano di dettagli privi di rilevanza penale, ma il contesto che emerge dall’esame di carte e cartacce richiama deleterie abitudini di “dazioni” per ottenere appalti pubblici, all’uso antico, con l’aggiunta del disgustoso e avido cinismo dei costruttori che rivelano di aver riso mentre il terremoto in Abruzzo travolgeva vite e case. Ci si aspettava altro, anche perché l’anima riformatrice del centrodestra non è un’invenzione, sembra piuttosto un’energia frenata. Ci si aspettava altro anche dall’opposizione, il cui aspirante leader unico, Antonio Di Pietro, ha vestito la tuta mimetica sulla toga del tribuno e del figlio unico dell’etica militante. Tonino il capataz evoca le immagini, d’altri continenti e d’altre latitudini, che mostravano i carri armati in marcia contro i candidati sgraditi. Una bestemmia, unita all’ennesimo attacco contro il capo dello Stato, per il quale il condottiero dell’Idv prospetta l’ipotesi dell’impeachment. Giorgio Napolitano di fronte a queste accuse non ha bisogno di difensori: tutta la sua attività di presidente rivela il rispetto della costituzione e la sintonia con le aspirazioni degli italiani e i bisogni della nostra democrazia. Di Pietro passerà, di Napolitano resterà il ricordo. E di fronte al Di Pietro scalpitante il Pd di Bersani dà una mirabile prova di genuina doppiezza: critica Tonino per le bordate contro Napolitano, ma accetta di marciare insieme all’Idv, per protesta. Le verità è che l’opposizione era ed è sedotta dall’idea di conquistare senza lotta due regioni importanti. Gli indici di gradimento del Pd sono quelli che sono, ma una vittoria truccata, a tavolino, avrebbe accentuato la solitudine di chi sta tentando di attraversare il deserto. E nemmeno Di Pietro può cantar vittoria per aver convinto gli uomini di Bersani a marciare con lui. Tonino non riesce più a convincere il suo proprio popolo. Sono vecchi girotondini e nuovi acquisti ad attaccarlo a viso scoperto. I presunti “incorruttibili” di “Micromega” gli contestano la gestione del partito e snocciolano le malefatte del tribuno; rumoreggia il popolo di Travaglio; si schiera contro il padre padrone dell’Idv perfino la matricola De Magistris, che tenta di far fruttare sul piano politico e mediatico l’inconcludenza delle rumorose inchieste che aveva avviato. Tonino è solo, l’aggressività e la violenza verbale che ha seminate si ritorcono contro di lui; il suo stile di comando fa nascere altri capetti che vorrebbero soffiargli il ruolo. C’è sempre qualcuno che si ritiene più incorruttibile degli altri. E tutti questi fratelli coltelli che spietatamente si pugnalano costituiscono la componente isterica dell’opposizione; l’altra è la componente inerte. Ecco perché in questa congiuntura politica è importante una risposta chiara dell’elettorato che vada al di là del dato amministrativo.

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