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I cristiani perseguitati e l'Occidente muto

I cristiani sono ridotti alla clandestinità perseguitati, vilipesi, assaliti nell'Asia mediorientale, in quella orientale, in Africa, ovunque siano raggruppati in piccole minoranze indifese. Ma i persecutori non sono sempre e soltanto gli estremisti del fondamentalismo islamico. Gli scontri avvenuti nei giorni scorsi a Batala nel Punjab hanno avuto come animatori i fanatici indù che hanno fatto stampare e distribuito immagini di Gesù che fuma e beve birra. I cristiani hanno reagito, la guerriglia è stata stroncata con cariche della polizia e il coprifuoco.
E' vero che le autorità stigmatizzano chi fomenta l'odio religioso, ed il vescovo di Batala invita i suoi fedeli all'orgoglio della Croce e a perdonare. Però questi incidenti non sono una cosa nuova. Nell'estate del 2009 sempre nel Punjab pakistano otto cristiani furono arsi vivi, le case dei credenti assalite da migliaia di musulmani che dopo la preghiera in moschea hanno incendiato una chiesa e accoltellato decine di persone accusate di aver offeso il Corano. In India l'intolleranza anti-cristiana diventa spesso ferocia. Nel subcontinente anche i musulmani sono talvolta attaccati dagli indù ma essendo più numerosi dei cristiani (il 13 per cento della popolazione totale) reagiscono colpo su colpo mentre i seguaci di Cristo (appena il 2,5 per cento) si difendono frenati dalla loro dottrina che condanna l'odio e i sentimenti di vendetta, di rappresaglia.
In Occidente siamo portati ad uno strabismo da disinformazione: vediamo unicamente i crimini della violenza musulmana. Invece sta dilagando la violenza indù che nè le autorità indiane nè quelle del Pakistan riescono a dominare (per non dire che in molti casi tollerano). E dietro a tale violenza non vi è solo un antagonismo religioso. Un volantino, distribuito a Bangalore nel sud dell'immenso paese, elenca i delitti dei cristiani: l'educazione delle donne e il rifiuto del sistema delle caste, peraltro condannato anche dalla legge. E gli indiani che hanno abbracciato la fede in Cristo sono posti dinanzi a una scelta: ritornare alla religione dell'induismo o essere tutti uccisi.
Si tratta quindi anche di una competizione a sfondo sociale, se consideriamo che i cristiani costruiscono scuole, ambulatori, sull'esempio sublime di madre Teresa soccorrono i poveri, i paria ancora oggi discriminati pur essendo una massa di 130 milioni. Una parte di questi "fuori casta" studiano nelle scuole cristiane, leggono, ascoltano, diventano consapevoli e incominciano a rivendicare i loro diritti di cittadini uguali agli altri. Integralisti indù e tradizionalisti vogliono mantenere la vecchia scala gerarchica ed hanno paura che essi acquistino troppo forza.
"In varie parti del mondo i cristiani sono oggetto di attacchi, anche violenti." ha detto di recente Benedetto XVI chiamando in causa "le istituzioni sia politiche, sia religiose", affinchè "non vengano meno, lo ribadisco, alle proprie responsabilità". Il Pontefice non si riferiva a casi singoli, all'India induista o all'Iraq islamico dove da un milione e 300 mila che erano prima della guerra i cristiani sono crollati ai 300 mila di oggi, o alla Somalia dove gli uomini di Al-Qaeda hanno decapitato sette ragazzi perchè cristiani, al Laos, alla Birmania, alla Thailandia, paesi buddhisti. Lo sconforto non viene soltanto dalle notizie di questi episodi. Viene dalla constatazione che l'Occidente non ha tempo nè voglia per tentare di impedirli: anche soltanto alzando la voce.

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