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In arrivo la pillola abortiva in Italia, ma solo sei regioni sono pronte

Nessun obbligo di ricovero per l'uso della Ru486 e impazza la protesta: "No alla domiciliazione dell'aborto" dice Gasparri

Roma. Manca solo la stampa della fustella della scatola e la pillola abortiva Ru486 arriverà negli ospedali italiani. Ma alla vigilia dell'evento solo 6 regioni si sono organizzate, tre di queste con l'indicazione della possibilità di day hospital, in sostanza nessun obbligo di ricovero che per legge può essere applicato solo come trattamento sanitario obbligatorio autorizzato da un magistrato. E le preoccupazioni da parte degli oppositori si riaccendono. "Non ci può essere una domiciliazione dell'aborto", ha affermato da Bologna Maurizio Gasparri, presidente del senatori del Pdl, parlando nel suo giro elettorale in Emilia-Romagna. "Non ci può essere un utilizzo al di fuori delle norme della 194 - ha detto Gasparri - proseguiremo su questo fronte la nostra battaglia se dovessero proseguire in Emilia-Romagna, come in altri regioni, comportamenti di questi tipo. Sono iniziative di rilevanza penale. Per cose di questo tipo - ha scandito - c'é la galera". Ma per Vincenzo Donvito, presidente Aduc, le dichiarazioni di Gasparri sono solo "fuffa". "Il nostro senatore - spiega - vorrebbe far intendere una sorta di obbligo al ricovero, ma dimentica che, salvo il ricovero coatto, non c'é nessuna legge che possa imporre ad un paziente di stare in ospedale senza la propria volontà". Un arrivo quindi che continua a preannunciarsi difficile. Solo 6 Regioni hanno infatti deciso (3 per il ricovero ordinario e 3 per il Day Hospital) quale via di somministrazione adottare. Le altre aspettano indicazioni da Roma e c'é qualcuno che ha rimandato la scelta al dopo elezioni di marzo. Ormai manca solo la "fustella" e una volta che il Poligrafico dello Stato terminerà la stampa delle etichette, contenenti il codice a barra e le altre indicazioni di legge, la ditta francese produttrice della RU 486 inizierà a spedire le confezioni in tutta Italia. Questione di qualche settimana al massimo (si parla realisticamente di metà marzo), hanno confermato dal quartier generale di Parigi della Exelgyn. Ma le regioni ancora non sono pronte: solo 6 infatti, secondo un'indagine della rivista "Il Bisturi", quindicinale di politica sanitaria, ed in particolare Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Toscana, Trento e Veneto, hanno già deciso come somministrare la RU 486 alle donne che vorranno effettuare l'aborto farmacologico in alternativa a quello chirurgico. Tutte le altre non hanno ancora preso una decisione. In particolare, Lombardia, Toscana e Veneto hanno deliberato per il ricovero ordinario per tutta la durata dell'interruzione di gravidanza (normalmente tre giorni), mentre Emilia Romagna, Piemonte e P.A. di Trento, hanno seguito la via della possibilità del Day Hospital, prevedendo appositi protocolli che consentono comunque il monitoraggio costante della donna, anche al di fuori dell'ospedale, per l'arco di tempo necessario all'aborto. Le altre regioni aspettano indicazioni che potrebbero prendere la forma di vere e proprie linee guida nazionali, come auspicato dal ministro del Lavoro Maurizio Sacconi (che ha mantenuto la delega politica per le questioni etiche) e dal sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella o, come preferito dalle Regioni, di un'intesa in Conferenza Stato Regioni. Su tutto peserà senz'altro il parere del Consiglio superiore di sanità, annunciato dal ministro Ferruccio Fazio (anche se la richiesta formale di parere non è stata ancora inoltrata al neo presidente Enrico Garaci).

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