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Mercato, ci vogliono delle scelte chiare

Non ci saranno incentivi per l'auto nel 2010. Lo ha detto il ministro Scajola in Parlamento spiegando che il governo ha scelto una soluzione di mercato. Proprio per questo si è opposto a qualsiasi possibile baratto fra la sopravvivenza dell'impianto di Termini e la concessione di aiuti pubblici al settore dell'auto. Una decisione ineccepibile. Il mercato è prima di tutto un sistema di regole. Non può diventare l'arena dei ricatti incrociati. Anche se, per la verità, gli incentivi per l’auto finivano per diventare un vantaggio per le casse statali in termini di maggior geettito da Iva e imposta sul reddito. Il ministro Scajola ha affermato che l'impianto di Termini manterrà la sua vocazione attuale. Vuol dire che si continueranno a costruire automobili. Non porteranno più il marchio Fiat sul cofano, ma non importa. Diciamo meglio: anche su questo punto ieri è stata fatta chiarezza. Non ci sono più possibilità di equivoci: il gruppo torinese non resterà ancorato alla Sicilia. Marchionne ha deciso di andare via perché questa scelta risponde alle necessità industriali ed economiche dell'azienda che dirige. Niente da dire. Anche questa è una scelta di mercato che occorre rispettare.  La partita ora riguarda i duemila posti di lavoro che rischiano di essere persi. Il governo ha detto che ci sono a disposizione 450 milioni per favorire la ristrutturazione dello stabilimento. Speriamo solo che vengano spesi bene rispettando le logiche di mercato che, finora, hanno guidato tutta la trattativa. Scajola ha annunciato che ci sono sul tavolo quattordici manifestazioni di interesse. Alcune riguardano l'auto. Altri sono di settori diversi. Già l'annuncio della "vocazione automobilistica" del sito dovrebbe aver creato una prima scrematura. In ogni caso è bene che la chiarezza vista finora non si disperda. Speriamo che non scenda la nebbia. Per arrivare a questo obiettivo è necessario che ognuno dei protagonisti giochi in maniera appropriata il proprio ruolo in partita. Il governo, innanzitutto, la Fiat dopo perché il suo disimpegno non si trasformi in una catastrofe sociale. Ma soprattutto gli enti locali e i sindacati devono impegnarsi senza se e senza ma per il rilancio della fabbrica.

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