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La crisi a Palermo, adesso si cambi rotta

A Palermo si impone un radicale cambiamento di rotta. I conti non tornano più. I dati forniti dall'Istituto Tagliacarne disegnano un quadro molto difficile. La crisi dell'Amia rappresenta l'esempio più evidente della china discendente dell'economia cittadina. La municipalizzata della nettezza urbana aveva una pianta organica doppia rispetto a quella di Torino pur avendo la nostra città un'estensione pari a circa la metà del capoluogo piemontese.
L'eccesso di spesa per il personale ha contribuito in maniera determinante alla bancarotta dell'Amia che ora si trova in amministrazione controllata. Cade così un mito consolidato: la sicurezza dello stipendio pubblico. Forse non è nemmeno tanto male.
La situazione sta diventando veramente drammatica. Le difficoltà dell'azienda della nettezza urbana si va a sommare agli affanni del settore privato. La Fiat di Termini, l'Italtel di Carini, il Cantiere Navale sono luci d'allarme da non trascurare. Si impone una svolta

1)La Pubblica amministrazione deve diventare efficiente. Palermo non può permettersi una burocrazia lenta e ipertrofica. Un costo non più sostenibile. Gli uffici pubblici devono trasformarsi in un elemento propulsivo. Per ora sono un cappio. I capitali nazionali non scelgono Palermo. Sono attratti altrove. Invece dobbiamo saper competere e vincere. Essere un faro per le imprese del Nord e dell’Europa. Un sogno? Forse ma bisogna provarci. In fondo alcune città africane ci sono riuscite. Noi no?

2) Il settore pubblico deve fare un passo indietro. Non può esssere il passaggio obbligato per qualunque iniziativa. Non deve gestire tutti i servizi. Tanto più che ha dato pessima prova. Cerchi e trovi imprenditori privati. Li controlli bene e lasci fare a loro.

3)Il personale deve essere bene organizzato. Mansioni e funzioni devono essere trasparenti. Destinazioni e carriere devono avere come riferimento il cittadino e le sue esigenze. Non possiamo continuare a vivere una contraddizione indecente. Da un lato tutti i paerametri ci dicono che il personale è «ridondante»: ossia troppi impiegati non necessari e inutili. Dall’altro ogni disfunzione viene motivata con la mancanza di personale: spazi invigilati che diventano discariche, sottopassi degradati e da nessuno controllati, ville e giardini a perdere perché la sorveglianza è inesistente... Ed altro ancora.

4)Questa ultima considerazione ci porta alla conclusione. Le amministrazioni pubbliche in Sicilia devono imparare a collaborare e, possibilmente a scambiarsi risorse e informazioni. Oggi non accade. Bisogna che la burocrazia trovi la forza di fare un salto in avanti. Fino a ieri era utile e opportuno. Oggi un obbligo. Sindacati, politica, imprese devono sedersi ad un tavolo e trovare finalmente una soluzione condivisa per uscire dalla crisi.

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