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Fiat, serve una soluzione reale

In queste ore si sta decidendo il futuro dello stabilimento di Termini Imerese. È necessario superare tutte le divisioni e gli ideologismi, sedersi attorno a un tavolo e ragionare con grande senso di responsabilità.
Ogni protagonista deve impegnarsi senza ipocrisie per salvare il futuro. Marchionne ha fatto sapere che l'impianto non ha più ragioni economiche. Nella grande competizione dell'auto uno stabilimento deve avere oggi dimensioni più grandi di quello siciliano. Deve avere una capacità tale da occupare almeno seimila persone.
A Termini sono appena 1.400 e le dimensioni del mercato non sono tali da consigliarne l'ampliamento. La produzione verrà concentrata negli altri stabilimenti italiani per consentire la loro sopravvivenza. Per Termini si dovrà studiare un'alternativa.
Il ministro Scajola ha fatto sapere che, sul suo tavolo, ci sono almeno una decina di proposte che andranno valutate con attenzione e serietà. Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, dice che ora bisognerà vedere quali sono quelle «vere e concrete». Il compito di valutarle spetterà al ministero.
Non sappiamo quale sia la ricetta giusta per Termini. Sappiamo solo che non è giusta nessuna soluzione che pretenda di avviare un'attività senza reali spazi di mercato. Nulla quindi che stia in piedi in virtù di finanziamenti pubblici a vario titolo erogati. L'esperienza ha insegnato che strade del genere non portano da nessuna parte.
Creano solo illusioni di cui i primi a pagare il prezzo saranno proprio i dipendenti, e le loro famiglie, convinte di aver trovato un posto. In realtà coltivano solo sogni. Anche se abbiamo promesso di imparare una nuova scala etica, per il momento non abbiamo ancora capito che cosa ci sia di sbagliato in questa frase: «Ogni volta che qualcuno riceve porzioni di ricchezza che non ha prodotto c'è qualcun altro che riceve una ricchezza inferiore a quella che gli spetta».
Ancor prima che economica è una questione di senso di responsabilità. Nessuno deve dimenticarla.

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