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La Regione poco dura con le mosse Fiat

Il gruppo Fiat che opera da 39 anni in Sicilia non può decidere unilateralmente, e senza un confronto con la Regione siciliana, di dismettere lo stabilimento di Termini Imerese. Ciò che oggi desta sorpresa è che la vertenza Sicilfiat non venga ancora inserita all'ordine del giorno del Consiglio dei Ministri, nonostante la protesta stremante di tanti operai. Credo che il presidente della Regione, Raffaele Lombardo, debba accelerare la sua azione ed agire in conformità con lo Statuto autonomistico rivendicando pure il diritto a partecipare alle sedute del Governo nazionale. La paventata chiusura di Sicilfiat è un fatto di inusitata gravità. Se il gruppo del Lingotto dismettesse la produzione delle auto in Sicilia, ci troveremmo a gestire una crisi occupazionale di dimensioni rilevanti. La Sicilia dovrà chiedere il rispetto dell'accordo di programma per 1,3 miliardi di euro sottoscritto da Fiat e Regione Siciliana, alla luce del recente patto tra la casa torinese e l'americana Chrysler. Il know how di Fiat ha permesso di stipulare un accordo con la casa di Detroit che consentirà alle due società di beneficiare di aiuti economici dal governo Usa per 9 miliardi di dollari.
Da Fiat non ci aspettiamo più tentennamenti, infingimenti e rinvii. Piuttosto la Fiat deve attivare subito la seconda linea di produzione in Sicilia. Oltre all'assemblaggio delle auto, la Fiat potrebbe costruire in Sicilia i motori alimentati da gpl e metano. Ciò permetterebbe un immediato rilancio dell'indotto, nuove garanzie per i lavoratori di Sicilfiat e grandi opportunità occupazionali.  C'è solo un elemento di debolezza in questa vicenda: la crisi politica che si trascina in Sicilia e il varo di un nuovo governo regionale che non si richiama alla maggioranza eletta dal popolo non aiutano il governo regionale nelle relazioni industriali. La scelta di Fiat che ritiene di abbandonare la nostra regione dopo aver ottenuto risorse pubbliche per riposizionarsi sul mercato va contrastata sul piano politico. Non potrà pesare la chiusura dei conti Fiat in rosso per 800 milioni nel 2009, ma probabilmente sarà determinante un maggiore attivismo della Regione e dell'assessore Marco Venturi. Ed anche se Marchionne ribadisce che sulla dismissione dello stabilimento di Termini Imerese è stata presa una decisione irrevocabile, la certezza che egli ostenta nasconde invece una mal celata strategia che punta ad ottenere nuovi interventi finanziari dello Stato per sostenere la quota di mercato di Fiat, promettendo magari il mantenimento dello stabilimento di Sicilfiat per tenere sotto ricatto il governo nazionale e quello regionale. Davanti a questo cinismo, il presidente Raffaele Lombardo avrebbe dovuto prendere in contropiede i vertici del lingotto: anziché offrire soldi, il governatore doveva chiedere a Marchionne quali opere fosse necessario realizzare, anche a carico delle finanze regionali, per sostenere l'indotto e per garantire competitività allo stabilimento siciliano. L'Udc spinge per rendere unanime l'azione di salvaguardia di Sicilfiat.

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