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Mafia, Ciancimino: per catturare Riina si usò Provenzano

“L'uccisione di Borsellino convinse mio padre che con non si poteva trattare con Totò"

Palermo. "Mio padre mi disse di avere informato i carabinieri che se si voleva catturare Riina si doveva utilizzare Provenzano". Lo ha detto Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo Vito, al processo, per favoreggiamento alla mafia, al generale dei carabinieri Mario Mori.
Il testimone ha raccontato che dopo la strage in cui venne ucciso il giudice Borsellino la trattativa, intrapresa con i carabinieri del Ros dopo l'eccidio del magistrato Giovanni Falcone, cambiò interlocutori e oggetto. "L'uccisione di Borsellino - ha spiegato - convinse mio padre che con Riina non si poteva trattare. A quel punto decise di riprendere i contatti con i carabinieri, prima finalizzati a ottenere la resa dei latitanti di mafia, e a spostare l'oggetto dell'accordo sull'arresto di Riina".
Secondo Ciancimino il padre avvertì Mori, all'epoca vice comandate del Ros, che l'obiettivo dell'arresto del padrino di Corleone si poteva raggiungere solo col contributo di Provenzano che diventa l'elemento chiave di quella che il testimone indica come la seconda fase della trattativa. "In cambio del suo contributo per  la cattura di Riina, Provenzano ottenne una sorta di impunità. Mio padre – continua Ciancimino - spiegò ai carabinieri che l'unica persona che poteva imprimere una rotta nuova alla strategia di Cosa nostra e far cessare le stragi era Provenzano e per questo doveva rimanere libero".

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