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Israele nell'Ue, il sogno di Berlusconi

È stato accolto a braccia aperte, Silvio Berlusconi dal suo omologo Benjamin Netanyahu a Gerusalemme: «Caro Silvio, sei uno dei più grandi amici di Israele l'amicizia tra i due popoli, quello israeliano e quello italiano è di enorme importanza». Netanyahu ha citato Theodor Herzl, il teorico dello stato ebraico: «Israele è legata all'Occidente. A Roma e a Gerusalemme sono state gettate le basi della cultura occidentale».
Berlusconi ha risposto da vero amico dello stato ebraico: «Ho un sogno: che Israele un giorno faccia parte dell'Unione Europea...abbiamo l'orgoglio di essere noi, con la cultura giudaico-cristiana alla base della civiltà europea».
Non è la prima volta che Berlusconi parla di questo "sogno", un'idea che i radicali, e soprattutto Marco Pannella, sostengono da tempo. Berlusconi l'ha ripetuta più volte durante il periodo in cui l'Italia aveva la presidenza di turno dell'Unione Europea; e lo aveva ribadito un anno fa, sempre a Gerusalemme, nel corso di una conferenza stampa con il presidente francese Nicolas Sarkozy, e alla cancelliera tedesca Angela Merkel. Quella volta la presa di posizione passò come inosservata, probabilmente non si è saputo (o voluto?) afferrare la portata della proposta: che un capo di Governo rivendichi questo suo "sogno" in circostanze così solenni e delicate, è cosa di indubbio rilievo e significato.
L'idea di aprire le porte dell'Unione Europea a Israele è confortata da almeno due sondaggi: uno fatto dalla Commissione Europea, secondo cui oltre i due terzi dei cittadini israeliani sono favorevoli all'adesione immediata all'Unione Europea; l'altro realizzato dalla Fondazione Konrad Adenauer: rivela che il 65 per cento degli israeliani è per l'adesione immediata, mentre un altro 17 per cento favorevole al perseguimento dell'obiettivo.
Ora si tratta di nutrire con adeguate iniziative politiche questo "sogno". Il "dossier", più volte evocato, va aperto; al momento non è stata neppure istruita la pratica, aperto il fascicolo. Il processo, com'è evidente, non sarà semplice né facile. Sono innumerevoli le resistenze e le diffidenze da superare, i nodi da sciogliere, i problemi da risolvere: di carattere economico, militare, strategico. Però potrebbe essere un contributo fondamentale per assicurare finalmente la tanto agognata pace a un'area da sempre in conflitto, di enorme importanza geo-politica. Eppure Israele in Europa, e il coinvolgimento complementare di una Palestina democratica (Berlusconi anche di questo ha fatto cenno) resta lo sfondo più ragionevole per una pace nel vicino Medio Oriente.
I "realisti" obietteranno che si tratta di utopia. Lo dicevano anche alla vigilia del crollo del muro di Berlino, o dei processi democratici nei paesi dell'Europa dell'Est o in Sud America. Siate ragionevoli, chiedete l'impossibile, era uno slogan di molti anni fa. Qualche volta succede.

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