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Disoccupazione record, l’Italia affonda

Disoccupazione record, salari record (per quanto sono bassi). I dati diffusi ieri disegnano l'immagine di un paese che, nel gorgo della crisi, continua ad affondare, trascinato dalla sua stessa zavorra. Per l'Istat, la disoccupazione a dicembre è salita all'8,5 per cento, il livello peggiore dal 2004. Fotografia perfetta di un mercato del lavoro duale, dove qualcuno vive di privilegi. Gli altri pagano il prezzo. Fotografia perfetta della nazione più sindacalizzata d'Europa. C'è di più: un rapporto Eurispes rivela che «dalla classifica 2008 relativa alle economie che fanno parte dell'Ocse emerge che, a parità di potere d'acquisto, l'Italia occupa il ventitreesimo posto sui trenta paesi monitorati, con un salario medio netto annuo che ammonta a 21.374 dollari, pari a poco più di 14.700 euro». Il basso salario è l'altra faccia delle protezioni a favore della «generazione articolo 18». In Italia i contributi, in parte a carico del lavoratore e in parte dell'azienda, ammontano a circa il 40 per cento del costo del lavoro: nel Regno Unito è circa la metà, e quasi da nessuna parte si arriva dove siamo noi. Come si spiegano questi dati? La diagnosi è la stessa di sempre. L'Italia è malata di troppo Stato: la cura dimagrante alla spesa e la disciplina finanziaria per ridurre il debito potrebbe aiutare a costruire un programma di medio termine per l'abbattimento della pressione fiscale. Non è facile, ma è necessario.

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