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Talpe, le tappe del processo

Palermo. Festeggiò l'esclusione dell'aggravante mafiosa da parte dei giudici di primo grado  davanti a un vassoio pieno di cannoli: un gesto che sollevò aspre polemiche, poi, culminate nelle sue dimissioni dalla carica di governatore siciliano. Oggi, Salvatore Cuffaro, condannato in appello a 7 anni - questa volta per favoreggiamento aggravato alla mafia - non si rallegra e lascia l'aula del bunker del Pagliarelli visibilmente emozionato. Si conclude così il processo denominato Talpe alla Dda cominciato il 15 maggio scorso davanti ai giudici della terza sezione della corte d'appello di Palermo presieduta da Giancarlo Trizzino.
Quattordici gli imputati, tra i quali due persone giuridiche: la società Atm-Alte Tecnologie Medicali e la Diagnostica per immagini Villa Santa Teresa, imputate di truffa, e, ora, in amministrazione controllata. In appello tre sole posizioni sono state riformate: oltre a quella di Cuffaro, quella dell'ex manager della sanità Michele Aiello, condannato a 15 anni e sei mesi per associazione mafiosa, contro i 14 del primo grado, e quella di Giorgio Riolo, ex sottufficiale del Ros a cui i giudici hanno dato 8 anni per concorso in associazione mafiosa. Il tribunale gli aveva inflitto 7 anni per favoreggiamento.
Il procedimento trae origine dall'indagine della Dda di Palermo che portò alla scoperta di una vera e propria rete di spionaggio, costituita da sottufficiali dei carabinieri e della Dia come Giorgio Riolo e Giuseppe Ciuro - quest'ultimo processato separatamente - che, su input di Aiello e con la complicità di impiegati della Procura, avrebbero rivelato, proprio all'ex manager, notizie riservate su delicate indagini di mafia in corso. L'imprenditore, gestore della clinica Villa Santa Teresa, che forniva in convenzione con la Regione e con rimborsi da capogiro, sofisticati esami medici, secondo gli inquirenti sarebbe stato informato passo passo degli sviluppi investigativi che i pm facevano sul suo conto. Una figura centrale quella di Aiello che, secondo l'accusa, sarebbe stato l'alter ego del boss Bernardo Provenzano nel mondo della sanità e che avrebbe investito i soldi del padrino di Corleone nella sua clinica. L'inchiesta, che svelò inoltre una serie di truffe al sistema sanitario, andò a intrecciarsi con un'altra indagine della dda sulle commistioni tra il boss di Brancaccio Giuseppe Guttadauro ed esponenti politici come l'assessore dell'Udc Mimmo Miceli, "delfino" dell'ex governatore, condannato in un altro processo a 10 anni per mafia. Ne venne fuori un quadro di collusioni inquietanti che coinvolsero anche l'ex maresciallo dell'Arma Antonio Borzacchelli, processato e condannato per concussione successivamente. Commistioni e relazioni pericolose in cui Cuffaro, secondo l'accusa, avrebbe avuto un ruolo di prim'ordine. Informato d Borzacchelli, eletto, poi, all'Ars nelle liste del suo partito, di una microspia piazzata a casa del capomafia Guttadauro, Cuffaro avrebbe avvertito Miceli, abituale frequentatore del boss di Brancaccio. Rivelazioni che Miceli riferì a Guttadauro, che scoprì la cimice. "A lui glielo ha detto Totò" disse, non sapendo di essere intercettato, il medico mafioso Salvatore Aragona. Dove Totò, per gli inquirenti, era Cuffaro.   Da qui le accuse di rivelazione di segreto istruttorio e favoreggiamento a carico dell'ex presidente della Regione. Ma mentre i pm sostennero che con la sua condotta il governatore avesse favorito l'intera Cosa nostra, per i giudici, che lo condannarono per favoreggiamento semplice, escludendo l'aggravante mafiosa, il senatore dell'Udc  aiutò i singoli esponenti mafiosi, ma non l'organizzazione nel suo complesso. Una conclusione che piacque al presidente tanto da spingerlo a partecipare alla festicciola a base di cannoli organizzata nel suo ufficio della Regione e immortalata da foto che fecero il giro del mondo.    Oltre alla riforma del primo verdetto, però, ora a preoccupare l'ex governatore è la nuova indagine della Dda che lo vede indagato per concorso in associazione mafiosa. Il 5 febbraio, il gip deciderà se rinviare a giudizio il politico.

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