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Berlusconi e il nodo giustizia

Il Capo dello Stato avrebbe firmato senza difficoltà il decreto legge del governo attuativo di una recente sentenza della Corte Costituzionale. La norma avrebbe sospeso per un paio di mesi anche le udienze a carico di Berlusconi nei processi di Milano. Perché allora il presidente del Consiglio ha rinunciato al decreto? Giuridicamente il provvedimento era ineccepibile: si trattava di dare tempo agli imputati che si trovano in certe condizioni di poter decidere se ricorrere al giudizio abbreviato già dopo l'inizio del dibattimento. In realtà, firmando il decreto legge, Napolitano avrebbe chiesto a Berlusconi di rinunciare al "processo breve" che tanta tensione sta procurando nel mondo politico. Il governo ritiene che sin da oggi i magistrati di Milano (e non solo loro) debbano sospendere le udienze applicando autonomamente la decisione della Consulta. Ma non è affatto detto che questo accada. Berlusconi, in realtà, avrebbe avuto il solo beneficio di non doversi destreggiare tra le 22 udienze che il tribunale di Milano gli ha piazzato in calendario da oggi alla fine di marzo per i processi Mills e diritti televisivi, in piena campagna elettorale. Nulla di più. In compenso avrebbe dovuto rinunciare ad un accorciamento della durata dei processi che - se approvato - glieli avrebbe cancellati entrambi. Si badi: il nuovo testo proposto dalla maggioranza su questo tema non è molto diverso da quello proposto a suo tempo dal partito Democratico. L'unica differenza è il riferimento ai procedimenti in corso, tra cui quelli di Berlusconi. Se un domani la maggioranza rinunciasse a questa clausola, il processo cosiddetto breve (come può esserlo uno di almeno sei anni e mezzo per i reati minori e più che doppio per quelli più gravi), verrebbe approvato in un batter d'occhi e nessuno griderebbe più all'amnistia mascherata.
In realtà, la strada che si prospetta al presidente del Consiglio è un'altra e si annuncia come la meno controversa. Mentre il "processo breve" prosegue la sua marcia, sul "frecciarossa" della giustizia potrebbe correre il "legittimo impedimento" sponsorizzato anche dall'Udc. Si tratta, come è noto, di consentire alle cariche più alte dello Stato di far sospendere i processi a loro carico per la durata del mandato. Nel caso di Berlusconi, è molto arduo sostenere che il presidente del Consiglio possa occuparsi di 22 udienze in 72 giorni sommando all'attività istituzionale una impegnativa campagna elettorale. Si eviterebbero anche conflitti permanenti con il tribunale di Milano che non considera valida ai fini di una sospensione di udienza, per esempio, l'inaugurazione di una importante opera pubblica. Figuriamoci un comizio o una manifestazione elettorale. Gianfranco Fini - che ieri ha suggellato a pranzo la rinnovata non belligeranza con il presidente del Consiglio - riterrebbe possibile approvare il provvedimento alla Camera entro gennaio e Renato Schifani potrebbe farlo approvare in via definitiva dal Senato tra la fine di febbraio e i primissimi di marzo. Berlusconi risponderebbe dei suoi problemi a fine mandato (come ha fatto Chirac in Francia), il capo dello Stato sarebbe rasserenato, l'Udc porterebbe a casa un punto sul piano della collaborazione e né il Pd, né perfino Italia dei Valori, forse, farebbero le barricate. Andrà così? Naturalmente è prevedibile che il tribunale di Milano, come sempre ha fatto in questi casi, impugni anche il 'legittimo impedimento' dinanzi alla Corte Costituzionale. Ma è possibile che stavolta, prima di pronunciarsi, la Consulta aspetti che finisca il suo cammino il 'Lodo Alfano costituzionale' che è un 'legittimo impedimento' del tutto inattaccabile. O almeno così sembra.

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