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Fiat, la diocesi di Pomigliano a Marchionne: "Riassumere operai"

In una lunga lettera aperta, don Aniello ricorda a Marchionne che "i soldi non sono tutto. Nella vita esistono altri valori - sottolinea il parroco - e non dimentichiamo mai che un giorno tutti risponderemo al Signore delle nostre azioni"

Il direttore dell'ufficio di pastorale sociale e lavoro della diocesi di Nola, don Aniello Tortora, scrive all'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, per chiedergli il "coraggio del cambiamento", e di riassumere gli operai dello stabilimento di Pomigliano d'Arco (Napoli), il cui contratto, scaduto il 31 dicembre, non è stato rinnovato dall'azienda, che stanno ancora occupando l'aula consiliare del municipio. In una lunga lettera aperta, don Aniello ricorda a Marchionne che "i soldi non sono tutto". "Nella vita esistono altri valori - sottolinea il parroco - e non dimentichiamo mai che un giorno tutti risponderemo al Signore delle nostre azioni. E allora le chiedo il 'coraggio' di mettersi nei panni di tanti papà e mamme che chiedono solo di guardare negli occhi i loro figli, senza sentirsi 'uomini inutili', solo perché stanno perdendo un lavoro, senza nessuna colpa. Le chiedo il coraggio di rinnovare il contratto di lavoro ai 93 operai che stanno vivendo momenti drammatici all'inizio del nuovo anno. Le imploro il 'coraggio' di conservare, anzi, di sviluppare il lavoro a Pomigliano. Questo stabilimento, ormai storico nel Sud e in Italia, con le sue migliaia di lavoratori ha dato tanto alla Fiat e ora vuole solo che le sia restituito un lavoro dignitoso per tutti, nessuno escluso". Don Aniello, infine, afferma di conservare nel cuore "le lacrime dei lavoratori, dei loro figli, mogli, familiari, durante la Santissima Messa celebrata dal nostro vescovo e pastore Beniamino Depalma, il giorno di Natale e partecipata da un'intera comunità". "A nome del vescovo - conclude - ho partecipato anche all'incontro del 30 dicembre in prefettura a Napoli, e devo dire che mi sono molto arrabbiato per l'assenza di rappresentanti autorevoli della Fiat. E' stato un atto di un'arroganza unica, quanto più di disumano e di antidemocratico ci sia al mondo, e noi volevamo solo confrontarci sul futuro dei lavoratori e della fabbrica di Pomigliano. Non ci si comporta così nella vita. Qui si tratta di persone, non di 'cose'".

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